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Vela: ARTICOLI : Vela Mon Amour :

Vela mon amour
" un'esperienza al circolo Homerus "

 

Poggia un po', orza orza adesso. Perdere il vento in vela è tutto un delirio.

Stesa sulla panchetta aspetto il mio turno, ascolto le spiegazioni dell'istruttore e intanto, sento la barca, è un contatto di schiena di fianchi di cosce, il mormorio dei flutti, il giocare del timone tra l'orza e la poggia.

La barca si sente col culo, dice l'istruttore, ed io a questo linguaggio non sono abituata.

Chiudo gli occhi ho perso il vento altri lo cercano per me, il prodiere lo cerca anche per me e la barca cammina prende velocità, sento l'inclinazione giusta il suono d'acqua che conferma la sensazione del movimento.

Arrivano i pensieri alzo un braccio come per allontanarli, lo tendo verso la falchetta, cerco il vento, vorrei comprenderne la direzione e riconoscerlo sulla mia pelle, come mi insegnano qui al Circolo Homerus.

Sentire il vento è fondamentale per condurre la barca e allora vorrei cercare di ritrovarlo, per costruirci sopra un semplice ragionamento: boma a destra vento da sinistra, quindi mura a sinistra; vento ore due oppure dieci, ore dieci naturalmente, allora bolina, cazzare un po'.

Mi insegnano a leggere il vento su un ipotetico orologio al centro del quale si colloca la barca con la prua ad ore dodici e la poppa a ore sei. Io però il vento lo perdo facilmente, il vento di velocità, quello apparente mi confondono,il ragionamento si squaglia e allora stabilire la direzione è un delirio.

Vengono i pensieri ammucchiati come piume d'uccello dopo una volata dentro l'acquazzone e con loro le parole,i versi della Spaziani Il cielo dopo la tempesta sceglie i suoi colori per l'arcobaleno vorrei scegliere i miei ma viene meno quasi l'estremo margine credere ancora nella libertà sarà peccato nevrosi stortura a uno a uno scoppiano nel vento i palloncini rossi dell'avventura.

Sarà la mia sensibilità, la bellezza del paesaggio o dell'emozione sarà il neoromanticismo o la mia coppa traboccante di miele a sballare l'orologio, a confondere il vento a farmi perdere il filo di un ragionamento?

Per me che sto frequentando il primo corso al Circolo Homerus, la vela mi apre un orizzonte incredibile, un'esperienza che vorrei attraversare senza riserve, a vele spiegate, per comprendere, se questo sport va bene per me.

Vorrei che un palloncino rosso, potesse scoppiare nel vento dell'avventura, quando riuscirò a collocare, a dirigere la prua sul filo del vento. Sono al timone adesso, mi piace questo ruolo: il vento è buono per me, inesperta come sono, leggero fresco e costante, lo sento bene anche dalla poppa, ma il mio prodiere, anzi una prodiera, lo sente con sicurezza e mi dà informazioni precise, c'è sintonia tra noi, la mano quasi anticipa le sue parole muovendosi di poco tra l'orza e la poggia.

In barca c'è silenzio ascoltiamo il vento, il mormorio dell'acqua, le sensazioni cinestesiche, è tutto un aggiustare il proprio assetto con la barca e forse qualcuno si lascia prendere dai propri pensieri, chi può, s'immerge nella contemplazione del paesaggio, nella ricerca analitica d'increspature d'onde di nuvole e correnti d'aria intento a districare l'intreccio della natura.

Davanti a me la costa veronese, un abbraccio di colline, i pensieri si ammucchiano come nuvole raggrumate attorno al desiderio, un desiderio cresciuto d'inverno e che ormai si fa incontenibile segno di dolore e masochismo vischioso.

Non voglio altro dolore per me, ormai le ho provate tutte per allontanarlo.

Però mi sembra di vivere un momento magico, dove sperimentare ancora un altro tentativo.

Così cerco la massima concentrazione il silenzio assoluto per proiettarmi tutta in un pensiero preciso: sto mettendo in atto un maneggio mentale, il risultato di un coktail di psicologia e letteratura per lasciare un desiderio ancora cucciolo, su quel morbido orizzonte di colline.

Sono a duecento metri dalla costa, il suo abbandono è difficile, sofferto,cento metri e i compagni si agitano, trenta metri dalla costa, si vede il fondale, gli scogli?

Imprecano, ce l'hanno con me,sento che non posso, la concentrazione mi sfugge, vorrei parlare, dire che voglio e non voglio, che desidero toccare terra che non posso abbandonare quel desiderio, in barca cresce la tensione loro si aspettano che io faccia qualche cosa e io sono sempre lì a cercare nell'anima, la delicatezza estrema per sbarcarlo ma non posso.

I compagni sono troppo ansiosi, c'è ancora tempo per pensare alle parole della marineria per il piacere di ascoltarle dentro di me, prima di pronunciarle mi piace masticarle un po' e sentire il loro sapore, intuire l'etimo scoprirne la risonanza emotiva, ma questi suoni sono rapidi precisi, allora bisogna tagliare e annodare subito.

Chi sono io adesso? Un piccolo timoniere incerto.

Chiamo alla vira, loro sono pronti; viro, non basta perché il vento soffia da nord: poggio, vele al lasco.

Ritrovo il Peler.

Il mio desiderio è un groviglio di nuvole, un nodo imperfetto l'immagine di un cucciolo addormentato all'orizzonte veronese.

Claudia Consonni

 
Tebaide Web Agency